– PER LA FASCIA D’ETA’ 13-16
(tratto dall’albo di Arturo Abad, illustrato da Gabriel Pacheco)
Mattia aggiusta cuori spezzati, cuori sofferenti, cuori indifesi con pazienza e perizia artigiane. Aggiustare cuori è un mestiere faticoso perché amare è un compito difficile. Mattia ama Beatrice e il suo amore è cortese e discreto: ogni anno le porta in regalo un pezzetto del proprio cuore, riponendolo in una piccola scatola di legno o di cristallo. Beatrice non lo saluta nemmeno, mette la scatola su una mensola e lo congeda dalla finestra con sguardo glaciale. Odiare non è un verbo dalle poche sfumature: tra queste ci sono indifferenza e crudeltà. Come in uno specchio, le persone che odiano possono riconoscersi gli uni negli occhi degli altri, sempre uguali a sé stessi. Amare al contrario è un verbo ricco, variegato e comprende il prendersi cura e il donare. Quando amiamo qualcuno ci scopriamo ogni giorno diversi e rinnovati, in un percorso di conoscenza di sé tra i più potenti che possiamo intraprendere. Una storia delicata, liberamente tratta dall’albo di Arturo Abad illustrato da Gabriel Pacheco “L’Aggiustacuori”, dove le coreografie di danza contemporanea, moderna e hip hop, le canzoni, le musiche e le parole, restano in bilico tra la sensibilità dell’amore e la freddezza di un cuore incapace di qualunque sentimento. Le atmosfere sono oniriche, quasi sospese e i pochi mobili del laboratorio di Mattia sono oggetti leggeri, quasi evanescenti: una gabbietta per uccellini, una teiera, una ruota di bicicletta, un mantice, un treppiedi che sostiene una lampada da comodino, un attaccapanni e tanti barattoli. Su ciascun barattolo leggiamo i contenuti, altrettanto inconsistenti: silenzi, sogni, mare, nuvole, oblio… in quest’ultima scatola Mattia nasconde i pezzi del suo cuore da regalare a Beatrice, la ragazza che alla finestra attende ogni primavera l’arrivo del giovane innamorato. Lei lo aspetta, ma quasi per gioco, indossando sempre e solo quell’unico sguardo gelido e tagliente, incapace di cogliere negli occhi di Mattia nient’altro che il proprio riflesso, freddo e vibrante come una lama. Mattia, che la ama, vede invece in quegli occhi indifferenti, oltre alla sua pena, anche ciò di cui Beatrice ha bisogno: un cuore. Non si può aggiustare un cuore che non c’è, l’unica soluzione possibile e costruirlo pezzo per pezzo; ma un cuore non lo si trova per strada, e neppure lo si può fabbricare, anche se si cuciono insieme frammenti di cristallo con un filo d’argento. Un cuore può essere donato. Così, anno dopo anno, Mattia offre a Beatrice non solo il suo amore, ma la sua stessa vita, finché stremato cade morto nel suo laboratorio: chi ha avuto un cuore non può sopravvivere senza. Beatrice, non vedendolo arrivare, corre da lui e, per salvarlo, prende tutte le scatoline ricevute in regalo e ricompone il cuore di Mattia nel suo petto, restituendogli la vita. Poi, con aria piccata, lo rimprovera aspramente per averla fatta così spaventare e indifferente come sempre torna a vivere nel bosco. Beatrice tuttavia torna a casa con un segreto: ha tenuto per sé un pezzo del cuore di Mattia trovato in una delle tante scatole e ora, ad ogni primavera, può sorridere al giovane dalla finestra.